Casse vuote, imprese al limite della sopravvivenza e sui ristori due pesi e due misure. Questa la sintesi dell'analisi effettuata a livello nazionale da Federalberghi, che ha sottolineato nelle scorse ore la difficoltà dell'intero comparto.
Il lockdown totale a Natale e Capodanno e il perdurare del divieto di spostarsi da una regione all’altra hanno moltiplicato gli effetti di una devastazione che non accenna ad arrestarsi.
Anche a gennaio la categoria ha registrato un bilancio difficile, con un calo dell’83% delle presenze turistiche rispetto al 2020. Nelle città d’arte, gran parte delle strutture ricettive è chiusa da marzo 2020, per non parlare degli alberghi di Venezia, che hanno iniziato a soffrire con l’Acqua alta di novembre 2019. Il business travel è fermo, così come fiere, congressi ed eventi di tutti i generi. La montagna ha perso più di metà della stagione invernale ed è in attesa di capire se qualcosa si potrà salvare. Le aziende termali e del benessere sono costrette a lavorare a scartamento ridotto. Il mare, partito in notevole ritardo l’estate scorsa, subirà una nuova penalizzazione se sarà confermato l’intento di prolungare il calendario scolastico sino a fine giugno. La speranza è ora aggrappata ai ristori.
“Chiediamo", spiega Federalberghi in una nota, "oltre al sostegno per il 2021 anche un meccanismo perequativo che colmi le lacune generate dai precedenti provvedimenti e attenui il sapore amaro della beffa di fine anno, quando le amministrazioni comunali hanno ricevuto il 60% della tassa di soggiorno incassata nel 2019, mentre gli alberghi, che in precedenza avevano ricevuto solo un magro indennizzo calcolato sul fatturato perso ad aprile, sono stati esclusi anche dal decreto “Natale”.La disparità di trattamento viene evidenziata dal Centro Studi di Federalberghi con un chiaro esempio.
A Venezia un hotel che ha perso il 90% del fatturato, ha ricevuto l’1,8% dei ricavi 2019, mentre lo Stato ha riconosciuto all’amministrazione comunale il 61% dell’imposta di soggiorno riscossa nel 2019.