“Quella del cavallo è una filiera che parte dal seme e passa dall’allevamento per arrivare al cliente finale che acquista l’animale – ha sottolineato Badi -. Abbiamo una serie di difficoltà in questo momento, con poca chiarezza sulla collocazione del cavallo che è un po’ in agricoltura, un po’ nello sport, un po’ negli animali d’affezione. Noi facciamo gli allevatori, abbiamo delle aziende e dei dipendenti, paghiamo le tasse, creiamo Pil e quindi vogliamo che l’allevamento di cavalli divenga un settore agricolo a tutti gli effetti, anche dal punto di vista fiscale, amministrativo e previdenziale. Ci sono problemi legati ai Psr, i Piani di sviluppo regionali e il grosso capitolo legato all’Iva, dove esiste una grande discrepanza tra cavalli legati alla produzione alimentare e non. E’ fondamentale, per noi agricoltori, poter beneficiare dell’Iva agricola al 10% anziché al 22%, che è l’aliquota ordinaria. Dobbiamo lavorare uniti per superare queste criticità, al fine di poter lavorare tutti in sicurezza e soprattutto creando reddito”.
Perillo concorda sulla necessità di fare squadra: “Il mondo sportivo e quello agricolo devono collaborare per una filiera forte, che sia la base del rilancio del settore. In dicembre presenteremo una ricerca che dimostrerà l’impatto enorme che le attività legate al cavallo hanno sul Pil. Noi stiamo registrando una crescita esponenziale dei nostri tesserati, passati dai 130.000 dello scorso anno ai 170.000 del 2021, il che significa che c’è una grandissima domanda di sport equestri sani, all’aria aperta, con valori meravigliosi grazie al cavallo. Perciò è fondamentale per noi avere la collaborazione con la realtà del mondo degli allevatori, come Confagricoltura, con l’obiettivo di poter presentare cavalli sempre più performanti e di qualità, che possano assecondare questa grande domanda di sport equestri”.