Pensate a quanti sono 1.159 euro. Una cifra importante. Per molti rappresenta un mese di stipendio. O qualche mensilità del mutuo, dell’affitto o delle rate dell’auto. O il costo di una bella vacanza.
Ebbene, 1.159 euro è la spesa media per abitante registrata ogni anno a San Donà in videopoker e slot machine. Questo secondo l’inchiesta di data-journalism realizzata su tutti i Comuni d’Italia dal gruppo editoriale Gedi attingendo dati dall’Agenzia delle Entrate e dai Monopoli di Stato. (Questo il link: http://lab.gruppoespresso.it/finegil/2017/italia-delle-slot/ )
Dato quasi beffardo, la media di San Donà è inferiore a quella nazionale, che sfiora i 1.500 euro pro capite annui. Circa 30 volte rispetto alla spesa annua di ciascun italiano in libri, inferiore a 60 euro annui.
Intendiamoci: una media fotografa la realtà solo parzialmente. Restano fuori fuoco neonati e vegliardi. Non tiene conto, soprattutto, di quella maggioranza che mai ha giocato, sia pur legalmente, d’azzardo. Questo vuol dire che qualcuno spende molto di più.
Sul territorio sandonatese, secondo il sito che ha diffuso la ricerca, sono attivi 406 apparecchi elettronici. Uno ogni dieci abitanti. Meno di cento sono del tipo Vlt, le videolotterie che possono essere ospitate solo in locali dedicati e accettano anche banconote. La maggioranza sono Awp, le cosidette nuove slot machine, che accettano solo monete ma possono essere collocate anche in bar e tabaccherie.
La cifra complessiva che hanno ingurgitato nel 2016, monetina dopo monetina, è impressionante: oltre 48 milioni di euro. Per capirsi, quasi il doppio del bilancio del Comune di San Donà. Certo, produttori e gestori di slot rilevano che da questi dati andrebbero defalcati quelli delle vincite, che secondo la principale associazione del settore ammonterebbero, a livello nazionale, a 77 miliardi di euro su 96 giocati. Ma è un ragionamento troppo semplicistico che non cambia una realtà, quella del gioco d’azzardo patologico, punteggiata di tragedie. Basta l’entità stessa delle cifre – molte decine di miliardi di euro – a dare la misura di un problema che non riguarda un solo comune, ma è di livello nazionale. E che favorisce il riciclaggio di denaro sporco da parte della criminalità organizzata.
Nonostante una chiara scelta di campo della Città di San Donà di Piave e di tanti altri Comuni, impegnati a contrastare la piaga del gioco d’azzardo patologico, la situazione è paradossale. Nell’Italia della burocrazia infinita, in un settore tanto delicato, basta veramente poco per aprire una sala slot. Non serve nemmeno autorizzazione. È sufficiente la semplice comunicazione sul possesso di alcuni requisiti. Gli stessi richiesti per qualunque altra attività commerciale.
Il Comune di San Donà è stato tra i primi comuni in Veneto ad aderire al Manifesto dei sindaci per la legalità contro il gioco d’azzardo già nel febbraio del 2014. Ha poi sottoscritto uno specifico protocollo con la Prefettura e, soprattutto, un regolamento che impone talune limitazioni alle sale slot, a partire dal rispetto di distanze con luoghi sensibili, quali scuole, impianti sportivi, chiese e altri luoghi frequentati da giovani oltre che da SerD e luoghi di cura. (link al regolamento: http://sandonadipiave.gov.it/atti-amministrativi-generali/64/regolamento-cc-66-del-3_8_2017-vigente-modificato/ )
Ma ciò non basta. Lo Stato ogni anno incassa 8 miliardi dal gioco, dei quali nulla va agli enti locali, a costo però di vere e proprie tragedie. É ora di invertire rotta. Di considerare non solo i guadagni ma anche i costi per la società. E, in sinergia con le strutture sanitarie, di dare strumenti agli enti locali, veri conoscitori del territorio, per disciplinare un settore tanto delicato.